La chiesa dedicata a San Biagio, medico armeno vescovo di Sebaste, così come appare oggi, è stata costruita tra il 1803 e il 1880; la sua lunga storia è stata per secoli legata alla funzione di convento e alle vicissitudini della confraternite che via via vi si sono succedute.
Le prime notizie sono indirette e informano della presenza a Lendinara della congregazione degli Umiliati nel 1200, e dell'esistenza di un oratorio dedicato a San Biagio indipendente da Santa Sofia nel 1228. La presenza degli Umiliati e la loro attività della lavorazione della lana spiegano la dedica a San Biagio e l'ubicazione dell'oratorio in riva al fiume Adigetto: i pettini con cui di solito si lavorava la lana erano stati usati dai romani per torturare San Biagio, e per la lavorazione della lana era necessaria molta acqua.
Il primo documento ufficiale è del 1288 e si riferisce alla controversia sulla matricità di Santa Sofia, che poi fu appianata dall'arcivescovo di Ravenna Ubaldo, cui il vescovo di Adria Bonazonta aveva delegato il giudizio: in quell'occasione San Biagio venne riconosciuta parrocchia e poteva amministrare i sacramenti eccetto il Battesimo.
Nel corso del 1400 la storia della parrocchia di San Biagio si incrocia con quella di San Giacomo di Ramodipalo e di San Giuliano di Villa Longare (oggi Bornio), unite, divise e poi ancora riunite a causa dei problemi dovuti alle frequenti inondazioni.
Nel 1448 gli Umiliati lasciarono la chiesa e il convento di San Biagio; subentrarono nel 1473 i frati di San Girolamo della congregazione di Fiesole, che erano già presenti a Lendinara presso un ospizio annesso alla chiesa di Santa Maria Nuova della Braglia.
Fu solo nel 1491 che alla parrocchia di san Biagio venne concesso il diritto di praticare il Battesimo e di riscuotere le tasse delle valli di San Biagio.
Agli inizi del '500 la piccola chiesa era ridotta in condizioni miserevoli, per cui nel 1506 il Consiglio Cittadino decise di avviarne la ricostruzione, nominò tre commissari e stabilì una tassa per questo scopo. Fu un lavoro radicale e la chiesa ne uscì ampliata e completamente trasformata. È di questo periodo, fra l'altro, la tela della Visitazione, capolavoro tuttora ammirato nella chiesa.
La ricostruzione fu molto apprezzata. Dalla cronaca secentesca di Francesco Malmignati si apprende che la nuova chiesa era "magnifica e bella", aveva una sola navata, era a forma di croce, aveva tredici altari ed era dipinta a fresco dal pittore lendinarese Alfonso Aldiverti.
Nel corso del XVI e XVII secolo, grazie al contributo dei parrocchiani e ai finanziamenti concessi dalla congregazione generale dei padri fiesolani di Roma fu ricostruito anche il convento.
Nel 1612 fu abbattuto il campanile per costruirne uno più grande e importante, ma, a causa della morte del padre guardiano che era stato promotore dell'iniziativa, il progetto venne abbandonato. Venne ripreso nel 1647 su iniziativa dei parrocchiani e dei massari delle confraternite laiche e il nuovo campanile, che è quello giunto ai giorni nostri, venne edificato.
Nel 1652 il Papa Innocenzo X decise di sopprimere alcuni conventi minori dell'ordine di san Girolamo, e tra essi rientrava anche quello di San Biagio. L'effettiva soppressione del convento avvenne solo nell'anno 1669 su disposizione di papa Clemente IX, al fine di finanziare, tramite la vendita dei beni non sacri, il governo della Serenissima impegnato nella guerra di Candia contro i Turchi.
Il 15 gennaio 1670 presero possesso della chiesa e del convento di San Biagio i frati francescani osservanti, detti "zoccolanti" che rimarranno a San Biagio un secolo circa: nel 1769 la congregazione fu soppressa per finanziare nuovamente una guerra della Repubblica Veneta, questa volta contro i corsari di Dulcigno e di Algeri; anche i minori zoccolanti quindi dovettero lasciare il convento.
Come conseguenza la chiesa divenne proprietà della Repubblica Veneta e nel 1775 fu acquistata da Polo Minio.
San Biagio aveva così perduto la funzione di convento e di sede di congregazioni e nel 1776 i Minio iniziarono la demolizione della parte nord del convento. La chiesa avrebbe seguito lo stesso destino del convento di San Francesco se il Senato della Serenissima non avesse decretato che San Biagio doveva restare parrocchia.
Nel 1785 San Biagio ottenne dal vescovo Arnaldo Speroni degli Alvarotti il titolo di chiesa arcipretale.
Negli ultimi anni del 700 la chiesa era nuovamente in grave stato di decadimento, e aveva perso gran parte dello splendore della ricostruzione del 500, ma con il nuovo secolo, grazie alla intraprendenza del sacerdote architetto don Giacomo Baccari, ebbe inizio la ricostruzione che portò la chiesa alla struttura attuale. Il Baccari presentò il progetto complessivo all'Accademia Clementina, e dopo l'approvazione ebbero inizio i lavori, sotto la protezione del cittadino Corradini e del cittadino (siamo ai tempi di Napoleone e post rivoluzione francese) Giorgio Malmignati.
Come si apprende dal Boraso, la prima pietra fu benedetta il 21 agosto 1803. La chiesa fu radicalmente trasformata all'interno e all'esterno. Furono ricavate due navate laterali, furono rinnovati quasi tutti gli altari con materiali e marmi provenienti da chiese veneziane soppresse: quattro dalla chiesa di san Lorenzo; due dalla chiesa di Santa Marta; due dalla chiesa di San Basso; il pulpito, che in futuro sarà sostituito, proveniva dalla chiesa di San Aponal. Alla facciata è stato aggiunto lo splendido pronao in puro stile palladiano.
Con la morte del Baccari i lavori furono temporaneamente sospesi; mancavano ancora l'intonaco e le decorazioni interne, ma ripresero nel 1829, seguendo sempre il progetto del Baccari, lodato dall'Architetto Jappelli, a cui era stato chiesto un parere. Non fu però realizzato il secondo campanile previsto nel progetto. La chiesa era architettonicamente finita; in seguito sono state fatte solo alcune aggiunte: nel 1865 venne realizzata la nuova sacrestia, Giuseppe Fava detto il Saccadei scolpì il baldacchino, Giovanni Ponzilacqua produsse una delle sue tre bellissime croci (le altre due sono a Santa Sofia), e Policronio Carletti realizzò il pulpito in marmo giallo di Verona su disegno di Domenico Marchiori.
La consacrazione della nuova chiesa avvenne nel 1884 ad opera del vescovo Antonio Polin.
Nel 1926 la chiesa fu dotata di un coro ligneo dell'intagliatore Giacomo Businari, e di un nuovo organo della ditta Malvestio di Padova.
Nel 1923 la chiesa di San Biagio fu dichiarata monumento nazionale.
Oggi la chiesa si presenta alta e solenne, con il suo pronao e le sue colonne. L'interno è a tre navate, separate da colonne sempre con capitelli di ordine corinzio, una scelta di stile neoclassico che richiama la chiesa del Redentore del Palladio, cui Don Giacomo Baccari si è ispirato.
In ciascuna delle navate laterali sono presenti quattro altari.
A sinistra troviamo nell'ordine :
- Cristo Crocifisso tra San Marco e San Carlo Borromeo, pala centinata proveniente, dopo l'ultima guerra, dalla chiesa parrocchiale di Bagnoli di Sopra, dove era ricordata una tela con medesimo oggetto di Pietro Malombra. Lo stile dell'opera richiama quelle di Palma il Giovane;
- la tela dei Santi Pietro d'Alcantara, Diego e Pasquale Baylon che venerano il simbolo eucaristico, opera di Gregorio Lazzarini;
- Sant'Antonio da Padova con il Bambino Gesù e Angeli, pala dipinta nel 1942 dal pittore Antonio Maria Nardi;
- il quarto altare a sinistra è dedicato al sacro Cuore di Gesù e a Santa Teresa del Bambino Gesù.
Negli altari della navata di destra si trovano nell'ordine:
- Santa Margherita di Cortona, tela del XIX secolo restaurata nel 1942;
- la pala con i Santi Nicola, Francesco D'Assisi, Antonio Abate e Andrea Apostolo, di Andrea Micheli detto Andrea Vicentino, pittore della scuola di Palma il Giovane;
- è nel terzo altare a destra che si può ammirare la migliore opera presente nella chiesa di san Biagio, la splendida pala centinata raffigurante la Visitazione di Maria Vergine a S.Elisabetta, firmata sul parapetto Sebastianus Pictor Faciebat MDXXV, ma probabilmente opera del pittore ferrarese Giovanni Luteri detto Dosso Dossi;
- nel quarto altare, infine, si può ammirare la pala Madonna con la cintura e nove santi, di Antonio Zanchi, di fine 600.
Molte delle opere d'arte presenti nella vecchia chiesa ricostruita nei primi del '500, che per bellezza e ricchezza era paragonata al convento di San Francesco, sono andate perdute, come pure sono spariti gli affreschi che la decoravano. Oggi, splendidamente armoniosa come architettura, la chiesa di San Biagio risulta piuttosto carente di pitture, anche se la bellezza della Visitazione basta da sola per giustificare una visita.
Passando alle sculture, in San Biagio si può ammirare l'edicola funebre dedicata al giureconsulto lendinarese Gaspare Malmignati (1505 - 1542), bassorilievo che originariamente si trovava presso il soppresso convento di San Francesco.
Piacevole e originale è anche il pulpito realizzato da Policronio Carletti, su disegno del lendinarese Domenico Marchiori.
Sono probabilmente del seicento le due statue lignee poste nei pilastri ai lati della tribuna. Quella a sinistra rappresenta San Biagio, e quella a destra San Girolamo, due santi importanti per questa chiesa e per la sua storia.
Notevole è infine il crocifisso ligneo, opera di Giovanni Ponzilacqua, uno dei tre che il grande intagliatore lendinarese ha lasciato; gli altri due sono conservati presso il duomo di Santa Sofia.
(Testi curati da Ennio Bellucco)